Comunicato Stampa Sifes e Mr sulla Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/2004 sulla PMA

La relazione al Parlamento del ministero: oltre 14mila nati nel 2018, il 3,2% del totale

Sifes-Mr: “La Pma un aiuto alle coppie infertili, ma ancora troppe diseguaglianze acuite dalla pandemia”

Legge 40/2004: 17 anni dall’entrata in vigore molti ostacoli per gli italiani in cerca di un figlio

 

Roma, 26 febbraio 2021 – Diciassette anni fa, precisamente il 10 marzo 2004, entrava in vigore la legge 40 che dettava le “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” in Italia. Una normativa che, dopo essere stata oggetto di una campagna referendaria per la sua abolizione, ha visto i propri dettami demoliti anno dopo anno, sotto i colpi di sentenze della Corte costituzionale. Sono state le coppie la cui esistenza era stata fortemente influenzata e limitata da questa legge, a voler ricorrere ai tribunali italiani per cancellare i divieti che conteneva: dall’obbligo di impiantare tutti i (massimo) 3 embrioni ottenuti in vitro nell’utero materno, al divieto di utilizzare gameti (ovociti o spermatozoi) esterni alla coppia per coronare il sogno di un bimbo, la cosiddetta fecondazione eterologa, fino al ‘no’ imposto alle tecniche di diagnosi preimpianto. Ma anche dopo il massiccio intervento della Consulta, “ancora oggi nel nostro Paese alle coppie con problemi di infertilità non viene offerto un accesso omogeneo su tutto il territorio nazionale alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Ostacoli burocratici, mancato accesso alle tecnologie avanzate, lunghe liste di attesa, sono problemi quotidiani con cui gli aspiranti genitori devono fare i conti, oggi più che mai, mentre il Paese è alle prese con una pandemia”, denuncia Filippo Maria Ubaldi, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità-Medicina della riproduzione (Sifes-Mr).

La Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/2004 del ministero della Salute parla di un aumento, nel 2018, dei bambini nati da queste tecniche: 14.139 nati vivi (12.137 senza donazione di gameti + 2.002 con donazione di gameti) contro i 13.973 del 2017, pari al 3,2% del totale piccoli venuti al mondo in quell’anno (439.747 in tutto, Fonte: ISTAT). Il documento evidenzia appunto che “considerando l’applicazionedi tutte le tecniche di Pma sia di I livello (inseminazione), che di II e III livello (fecondazione in vitro) con o senza donazione di gameti, dal 2017 al 2018, si è riscontrata una lieve diminuzione delle coppie trattate (da 78.366 a 77.509), una stabilità nel numero dei cicli effettuati (da 97.888 a 97.509), con un aumento dei bambini nati vivi (da 13.973 a 14.139)”. E sempre la relazione rende noto che “anche nel 2018 più del 50% dei cicli iniziati con tecniche a fresco di II-III Livello sono stati effettuati in regioni del Nord Italia, e in particolare nei centri della Lombardia in cui viene svolto il 29,6% di tutta l’attività nazionale (era il 29,2% nel 2017); la seconda regione per mole di attività è la Toscana in cui sono stati effettuati il 12,2% di tutti i cicli a fresco (era il 12% nel 2017)”.

Nel nostro Paese sopravvivono ancora il divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita per i single e per le coppie dello stesso sesso, il divieto di gestazione per altri e quello di donare embrioni alla ricerca. E in più, ci sono le disparità di accesso: “La Relazione 2020, relativa all’anno 2018 – prosegue Ubaldi – ci restituisce ufficialmente un quadro della situazione in cui ancora oggi i pazienti del Sud Italia sono costretti a ’emigrare’, se non all’estero, come ancora molto spesso avviene, perlomeno al centro-Nord, dove le strutture pubbliche eseguono la larga percentuale dell’attività nazionale. Una volta eliminati i ‘paletti’ della legge 40, come avvenuto in questi ultimi anni, il problema attuale è dunque l’applicazione uniforme delle tecniche di Pma. Occorre cambiare il modo in cui il concetto di trattamento dell’infertilità viene interpretato: va considerato come una branca della medicina a tutti gli effetti e occorre al più presto sollevare gli ostacoli burocratici che impediscono l’erogazione delle cure. Le normative regionali non sono uniformi quanto a limiti di età per le terapie, le strutture pubbliche hanno liste di attesa molto lunghe, non è stato definito il tariffario nomenclatore all’interno dei Lea per queste prestazioni e, in esse, non è stata inserita la diagnosi preimpianto, grazie alla quale sono nati in questi anni migliaia di bambini sani: l’indagine che può individuare malattie genetiche nell’embrione non è a carico del Servizio sanitario nazionale e solo poche regioni che si fanno carico della spesa. La Sifes è impegnata da anni nella sensibilizzazione di opinione pubblica e decisori politici nei confronti dell’accesso alla Pma, e ha recentemente inviato lettere a ministero, commissioni parlamentari e altre istituzioni per riaccendere il dibattito su questo tema e migliorare la situazione in Italia, anche e soprattutto nel corso di questa pandemia, che non ha fatto altro che acuire le disparità dei cittadini con problemi di infertilità”.