
10 Mar I 17 anni della legge 40 sulla Pma
Diciassette anni fa, precisamente il 10 marzo 2004, entrava in vigore la legge 40 che dettava le “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” in Italia. Una normativa che, dopo essere stata oggetto di una campagna referendaria per la sua abolizione, ha visto i propri dettami demoliti anno dopo anno, sotto i colpi di sentenze della Corte costituzionale.
Sono state le coppie la cui esistenza era stata fortemente influenzata e limitata da questa legge, a voler ricorrere ai tribunali italiani per cancellare i divieti che conteneva: dall’obbligo di impiantare tutti i (massimo) 3 embrioni ottenuti in vitro nell’utero materno, al divieto di utilizzare gameti (ovociti o spermatozoi) esterni alla coppia per coronare il sogno di un bimbo, la cosiddetta fecondazione eterologa, fino al ‘no’ imposto alle tecniche di diagnosi preimpianto. Ma anche dopo il massiccio intervento della Consulta, “ancora oggi nel nostro Paese alle coppie con problemi di infertilità non viene offerto un accesso omogeneo su tutto il territorio nazionale alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Ostacoli burocratici, mancato accesso alle tecnologie avanzate, lunghe liste di attesa, sono problemi quotidiani con cui gli aspiranti genitori devono fare i conti, oggi più che mai, mentre il Paese è alle prese con una pandemia”. Lo afferma Filippo Maria Ubaldi, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità-Medicina della riproduzione (Sifes-Mr), nel giorno del 17esimo anniversario dell’entrata in vigore della legge 40/2004.